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lunedì 20 giugno 2011

Difendere in inferiorità



Oggi visioniamo un video sulla difesa in inferiorità numerica di un uomo.
Il miglior metodo è sicuramente l'1-2 cioè un uomo dietro e due davanti.
Non dimentichiamoci il portiere che in questa situazione dovrà avanzare di qualche passo rispetto alla linea di porta fungendo praticamente da ultimo difensore levigando quindi l'inferiorità numerica nei due minuti.

Il nostro obiettivo è quello di tenere sempre 4 linee difensive differenti e non sulla stessa linea (nel video le linee gialle). Avendo più linee difensive copriremo più campo e possibilità di passaggio.
Il laterale avanzato opposto alla palla dovrà sempre stringere a copertura del centro ed essere pronto a scattare nuovamente in avanti quando la palla sarà velocemente fatta circolare dalla sua parte.
Infatti quando la palla andrà in un angolo saranno il centrale difensivo A ed il portiere P che andranno a pressare il portatore di palla (una pressione tranquilla, non una pressione a cercare di rubare palla).
Non vogliamo assolutamente recuperare palla (a meno di un grave errore di impostazione avversario), il nostro obiettivo principale è la difesa, difendere la nostra porta senza prendere gol nei 2 minuti di inferiorità.
Quindi ricapitolando palla in angolo, pressione da parte di A e P ed il laterale opposto C stringe a copertura del centro.
Qualora la squadra avversaria faccia girare palla velocemente ed uno dei due avversari A o B si accentri per ricevere palla e cercare di andare al tiro, la nostra difesa dovrà essere sveglia e leggere il movimento in anticipo in modo tale che, come si vede nel video nella parte finale, quando A (rosso) avrà palla avrà difficoltà a decidere quale soluzione optare quindi in questo caso avremo anche delle opportunità di recuperare il pallone, ma ripeto, non è il nostro obiettivo principale, facciamoci semmai consegnare il pallone dall'avversario per un passaggio o un tiro forzato.

venerdì 1 aprile 2011

Allenamento mentale

La preparazione sportiva si compone della preparazione tecnica, dell'allenamento fisico e del training psicologico.
Per migliorare una prestazione è possibile aumentare la qualità o la quantità dell'allenamento fisico, ma non sottovalutiamo mai l'allenamento mentale.

Tutti noi sappiamo quanto il corpo sia capace di influire sulla mente,quello che spesso si ignora è quanto la mente possa influire sul corpo e quanto questo sia importante nel raggiungimento della prestazione eccellente.
Trovare il giusto livello di concentrazione prima o durante la gara, resistere allo sforzo ed accedere alle proprie energie nel momento decisivo e credere nelle proprie capacità fanno la differenza tra un atleta capace di vincere e chi arriva dietro di lui.
Le potenzialità possono essere espresse completamente solo attraverso la vera unione tra corpo e mente, un controllo totale ed una motivazione interiore di livello superiore.
Spesso ad alti livelli ci sono figure professionali all'interno di una squadra che stimolano l'allenamento mentale sia del tecnico che dei giocatori ma questa mansione può essere intrapresa anche da un tecnico di buona levatura caratteriale.
L'obiettivo è quello di stimolare l’esercizio introspettivo in modo che lo si scopra i propri pregi e difetti, aiutando così una visione più realistica di sé e ponendo le basi per l’analisi delle proprie credenze e dei propri valori.
Rafforzare la propria autostima, trasformare definitivamente il proprio pensiero in pensiero positivo, frutto della consapevolezza di sé, delle proprie credenze e potenzialità:
Tecnico e giocatore sono due persone che collaborano per raggiungere un risultato comune.

Il successo fa paura: per raggiungerlo bisogna superare alcune paure irrazionali che spesso ci impediscono di rendere al meglio e che spesso si manifestano in alibi. Una volta raggiunto è necessario superare un sentimento di inferiorità derivante dalla incertezza del poterlo ripetere ed è per questo che spesso gli atleti si mettono i bastoni tra le ruote, operando dei veri e propri autosabotaggi “inconsci”. Superare queste limitazioni vuol dire liberare il vero potenziale individuale ed esprimersi finalmente nella piena accettazione dei propri limiti e delle proprie capacità.

Fissare i propri obiettivi (Goal Setting) è un processo fondamentale nello sviluppo personale e sportivo. Possiamo definire un obiettivo in campo sportivo come uno specifico rendimento che si vuole raggiungere in un certo periodo di tempo. Quando si ha un obiettivo chiaro e concreto ci si può concentrare su di esso con tutte le proprie risorse focalizzando la propria attenzione, traendone energia, rafforzando la propria volontà di andare avanti e la fiducia in sé stessi; Se non si ha una meta ben precisa si rischia di disperdere energia… si può infatti raggiungere un traguardo che non si conosce?

Gli obiettivi ottimali devono possedere delle caratteristiche ben precise:
• essere espressi in modo preciso e con termini positivi;
• essere espressi in termini qualitativi e quantitativi;
• essere tempificati;
• essere orientati alla prestazione e non al risultato;
• essere commisurati alle proprie capacità, raggiungibili;
• il loro raggiungimento deve essere costantemente verificabile;
• essere personali e compatibili con i propri valori.

Con i propri obiettivi, espressi in modo corretto, in mente è possibile concentrare le energie per il loro raggiungimento ed accettare gli errori e gli insuccessi come tappe fondamentali per il raggiungimento del successo cercato. Accettare i propri errori è indispensabile per raggiungere un’autostima vera, basata sull’autocoscienza piuttosto che sulla illusione di essere perfetti: non sempre vincere vuol dire arrivare primi.

giovedì 11 novembre 2010

Psicologia: La figura di leader

Nello sport di squadra il senso comune ritiene erroneamente che il leader debba identificarsi nell’ allenatore o nel capitano e qualche volta nel campione più affermato. Nella realtà però non é sempre così. Molto spesso si tende a ritenere che l’allenatore possa essere il vero leader della squadra, in quanto - di fatto - ha compiti organizzativi e di conduzione del gruppo stesso.

Il vero problema però é che molto spesso l’allenatore non é riconosciuto come leader dalla squadra ed allora viene declassato al ruolo di capo, un ruolo che per essere esercitato non richiede l’accettazione emotivo affettiva dei membri del gruppo. Lo stesso dicasi per il capitano, se viene nominato tenendo conto di valori diversi da quelli del gruppo. Infatti, sovente, il capitano é colui che ha più presenze in campo con la maglia della squadra, oppure é il più anziano

Per un gruppo possedere un leader dal quale farsi guidare, soprattutto nei momenti difficili, é di vitale importanza per arrivare ad ottenere i risultati che il gruppo stesso desidera raggiungere. Il leader é l’elemento che aiuta a valorizzare le potenzialità dei singoli: il fulcro, intorno al quale, le varie individualità si fondono nella ricerca di quello spirito cooperativo che é ingrediente essenziale per il successo di una squadra di calcio

Chi ha praticato uno sport di gruppo sa che nella squadra non tutti hanno le stesse doti di carisma. Infatti vi sono soggetti che amano restare defilati, altri che sono portati a farsi guidare e qualcuno invece che dimostra delle doti spiccate da trascinatore.

La ricerca sul problema della leadership tra i membri del gruppo si sono fondate principalmente su due presupposti:

· La posizione del leader sul terreno di gioco.

· Le qualità e gli elementi di personalità del leader stesso.

In merito alla posizione sul campo, ed alle correlazioni conseguenti con la possibilità di essere leader, la ricerca é stata abbastanza copiosa di risultati.

Queste ricerche hanno avvalorato l’ipotesi teorica secondo la quale la centralità della posizione in campo é importante nel determinare la guida affettiva della squadra. Per esempio il “ battitore “ nella pallavolo,il “quarterback “ nel football americano, “ il centrocampista/ regista” nel calcio, il “centroboa” nella pallanuoto etc.

Su queste ipotesi ha lavorato Grusky, che anche rilevato come coloro che hanno questo tipo di ruolo sono poi anche più predisposti a divenire nel post carriera dei manager dello stesso sport.

La leadership é comunque un elemento dinamico che integra molti altri elementi oltre a quello della posizione sul campo, in particolare la personalità .

La regolarità delle prestazioni, l’esperienza di squadra, l’ascendente sui compagni, possono certamente essere discriminanti più forti rispetto alla posizione sul campo di gioco.

Nel momento che i leader - per essere tali - hanno bisogno di gregari, una semplice osservazione dei comportamenti della squadra o del gruppo, rileverà la scena d’azione dei leader e dei gregari stessi.

Gli atleti più giovani, che sono da poco nel gruppo, risultano tendenzialmente più portati a seguire il parere, le opinioni dei più esperti (B.J.Cratty e R.E. Pigott ).

In linea generale i leader sono quelli che vengono vissuti dai compagni di squadra come competenti, abili, determinati nel condurre la formazione verso la conquista del successo, ma anche capaci di creare buoni rapporti interpersonali con i compagni e l’allenatore.

Chi ha più possibilità di essere riconosciuto come leader deve avere un personalità particolare. Questo tipo di soggetto deve possedere prima di tutto un buon livello di autostima. Essere consapevole del suo valore come persona, ma anche come calciatore, al punto da riconoscersi la capacità di dare suggerimenti e scelte d’indirizzo ai suoi compagni. Il leader non può essere troppo egoista ne tantomeno esageratamente narcisista.

Lo spirito cooperativo deve essere un elemento di base su cui fondare il rapporto con i compagni. Chi anche sul campo dimostra di essere troppo egoista, magari esageratamente ” driblomane “, difficilmente verrà riconosciuto come elemento guida del gruppo.

L’intelligenza e la sensibilità sono due doti fondamentali per poter sperare di essere un buon leader. Il vero leader é quello che riesce a condizionare in positivo l’umore della squadra sia in campo che fuori. E’un soggetto che reagisce con grinta davanti alle difficoltà e questa sua caratteristica di personalità da sicurezza ai più fragili.

Spesso un domanda che ci viene posta in merito é: Ma é indispensabile avere un leader ?

La risposta può essere questa. L’esperienza ci dice di si, nel senso che senza leader una squadra non riesce a superare le mille difficoltà alle quali deve fare fronte. Se invece privilegiamo un approccio al ragionamento di tipo teorico possiamo tranquillamente affermare che se tutti i soggetti fossero forti, sicuri, motivati e in grado di affrontare la realtà nel migliore dei modi non ci sarebbe bisogno del leader, che possiamo definire un buon pastore che guida il gregge. Questo approccio però ha molto il sapore di utopia. Per poter fare senza leader dovremmo avere tanti “super uomo” . Super uomo inteso nella concezione di F.Nietzsche: dove il super uomo é colui che riesce ad andare oltre se stesso, a superare i suoi limiti e gli egoismi individuali per assurgere alla capacità di costruire con gli altri. Una situazione che spesso crea problemi in una squadra é la presenza di quello che viene definito il leader negativo. E’ un soggetto che per conquistare un ruolo di primo piano nel gruppo cerca di far gioco sulle insoddisfazioni di alcuni membri del gruppo. E’ una figura molto pericolosa perché ha come fine il fallimento degli obiettivi di gruppo. Spesso é un soggetto presuntuoso che non si sente sufficientemente considerato, che magari gioca anche poco, e che come un vero e proprio serpente striscia e cerca di colpire spesso in modo anche un pò vigliacco. Divenendo il capo dei nemici dell’allenatore e quando le cose precipitano, non arrivano I risultati, assume il ruolo del capo dei rivoltosi contro l’allenatore.

Molti si chiedono se l’allenatore possa divenire il vero leader del gruppo. Personalmente credo che sia molto difficile. Primo perché l’allenatore é un capo che viene investito di questo potere da un’autorità superiore (la società) e che quindi non viene scelto dal gruppo. In secondo luogo perché troppo spesso ha in mano il potere di gratificare o meno le motivazioni dei singoli.

Un aspetto determinante del lavoro dell’allenatore é quello di conoscere ed essere in grado di far eseguire programmi tecnico/tattici ai calciatori.

Il ruolo dell’allenatore deve contemplare delle abilita di comando e direzione, quindi deve essere un capo.

Secondo Martens la leadership é semplicemente la capacità di saper dare ad altri un piano di lavoro, una direttiva, avendo una visione delle possibilità e delle mete.

L’autorità é una caratteristica determinante nella gestione del gruppo. Essa per poter essere positivamente esercitata, evitando di tradurla in autoritarismo, deve da prima venir riconosciuta dal gruppo stesso.

Il riconoscimento dell’autorevolezza e della competenza del tecnico da parte del gruppo è la condizione indispensabile perché possa venir accettato come leader.

In pratica l’allenatore deve conquistarsi prima di tutto la fiducia, dopo di che il gruppo scegliere di farsi guidare da lui. Possiamo dire che una situazione frequente é quella nella quale troviamo un allenatore che viene accettato come “ condottiero”, quindi gli viene riconosciuta una competenza tecnico tattica, ed un leader emotivo che invece appartiene al novero dei giocatori.

Troppo spesso molti allenatori arrivando in una squadra tendono a porsi nei confronti degli atleti con una atteggiamento autoritario, che non tiene conto che prima di tutto é necessario farsi conoscere dal gruppo, per superare un fisiologico atteggiamento di diffidenza iniziale.

Se un gruppo rifiuta un allenatore difficilmente questo riuscirà a sopravvivere per lungo tempo in quella squadra, perché prima o poi nasceranno situazioni conflittuali molto forti. Un aspetto molto importante é quello del rapporto tra leader ed allenatore. Un allenatore quando capisce quale é il leader del gruppo deve mantenere con questo un rapporto privilegiato. Migliore sarà il rapporto tra il leader e l’allenatore e più positivo anche quello tra il mister e la squadra. Se il leader condividerà la filosofia del tecnico diverrà automaticamente un suo alleato ed userà il suo ascendente sul gruppo per aiutare l’allenatore.

prof.Massimo Cabrini

mercoledì 22 settembre 2010

La tattica individuale in un gioco collettivo

In un suo intervento un relatore ha definito la tattica individuale (tecnica applicata) in questo modo: “ è l’insieme delle azioni, degli accorgimenti, dei comportamenti, che il calciatore compie in ogni situazione delle due fasi di giuoco (Possesso e Non possesso), affinché la propria prestazione risulti utile, redditizia ed economica”.

Sposo questa definizione aggiungendo: è l’insieme delle abilità, fantasie, audacia, furbizie, è complicità che il calciatore produce nelle due fasi di giuoco, creando un performance costruttivo per se, e per la squadra.



Come sono composte le due fasi?

Fase di possesso = Smarcamento, controllo e difesa della palla, passaggio, dribbling, tiro in porta.



Fase di non possesso = Presa di posizione, marcamento, intercettamento, contrasto, difesa della porta.



In questo articolo analizzeremo la fase di possesso, e nello specifico, lo smarcamento.


Cosa produce lo smarcamento?

• Sostegno al portatore di palla



• Superiorità numerica



• Mantenimento del Possesso di Palla



• Azioni da goal



Il concetto di smarcarsi viene visto è interperlata come un movimento effettuato da un calciatore senza palla, ma esiste lo smarcamento dopo aver trasmesso palla: uno dei difetti che più frequentemente vengono rimproverati ad alcuni giocatori è di rimanere fermi dopo il passaggio. E’ necessario far capire a questi giocatori che è proprio colui che effettua il passaggio che ha il compito, in quel preciso momento di dare continuità all’azione determinando un movimento combinato. E’ vero che un giocatore che si muove sarà utile al gioco della sua squadra, molto più di un giocatore assolutamente immobile, ma è altrettanto vero che risulterà poco produttivo invitare un giocatore a muoversi, se questi non sa “dove” “quando” e “perché” si deve muovere!

Il compito dell’allenatore
In fase addestrativa preliminare, è opportuno che ogni passaggio sia immediatamente seguito da un’accelerazione di corsa. Occorre che questa combinazione di movimenti (passaggio-accelerazione) venga automatizzata, mediante adeguate ed opportune ripetizioni. Siccome questo movimento di corsa può avvenire << dietro >> al passaggio (come nel caso della corsa in sovrapposizione), oppure in una direzione diversa da quella verso cui è stato indirizzato il pallone.

L'universale

L'universale è detto il giocatore che per abilità e senso della posizione è in grado di giocare in qualsiasi posizione del campo (si esclude normalmente il ruolo di portiere), questi giocatori si sono resi preziosi nel moderno calcio a 5 dove la velocità di esecuzione e di movimento si è fatta talmente elevata che in qualsiasi momento ci si può ritrovare a passare da fase difensiva a fase offensiva e viceversa, la possibilità di avere giocatori capaci di adattarsi rapidamente a qualsiasi situazione fa spesso la differenza tra vittoria e sconfitta