Le concussioni sono stati di temporanea alterazione dello stato di coscienza conseguenti ad un trauma cranico, che si manifesta con perdita di coscienza e/o con danno cognitivo: disturbi della memoria, disorientamento nello spazio e nel tempo, deficit dell’attenzione e/o delle capacità critiche, alterazioni dell’umore, con irritabilità o depressione, vertigini, insonnia, nausea, vomito o semplice cefalea.
Se il singolo trauma cranico, lieve o moderato, non è, di norma, gravato da conseguenze di rilievo e consente allo sportivo di rientrare in gioco senza rischi, il ripetersi di più eventi traumatici in un ristretto arco di tempo, in particolare nel corso dello stesso evento sportivo o di eventi consecutivi o comunque molto vicini nel tempo, può essere causa di conseguenze gravi.
Tale quadro, noto con il termine di “sindrome da secondo impatto” , è il risultato di una acuta e spesso fatale condizione di edema cerebrale (brain swelling) che si determina quando le strutture encefaliche vengono interessate da un secondo evento concussivo che si verifica prima del completo recupero da un precedente analogo evento e quindi prima che si possano ristabilire normali condizioni di compliance intracranica.
L’edema cerebrale sarebbe dovuto alla perdita delle capacità di autoregolazione del circolo cerebrale da alterazione del tono vasomotore con vasoparalisi, congestione vasale e conseguente ipertensione endocranica incontrollabile.
Tale catastrofica, per quanto infrequente, eventualità pone il problema dei criteri da seguire per stabilire tempi e modi della ripresa dell’attività sportiva in un atleta che sia andato incontro ad un evento traumatico con conseguente trauma cranico lieve o moderato.
La via da seguire al riguardo poggia su due cardini distinti ma complementari: la valutazione clinica e l’esame neuroradiologico.
Per quanto concerne l’esame clinico, l’Accademia Americana di Neurologia ha proposto uno schema pratico e di attuazione facile ed immediata per la valutazione della gravità dell’evento traumatico concussivo, distinguendo tre gradi di concussione in rapporto alla severità dei sintomi evidenziabili ed indicando, in rapporto alla gravità del quadro clinico, gli intervalli di tempo che l’atleta deve lasciar trascorrere prima di poter riprendere l’attività sportiva senza correre il rischio di incorrere nella sindrome del secondo impatto (e limitando inoltre il fenomeno del cosiddetto danno cerebrale cumulativo da microtraumatismo ripetuto).
Grado 1 (88.9%) Definizione:
confusione transitoria, senza perdita di coscienza, con durata inferiore a 15 minuti. Gestione: L’atleta dovrebbe essere allontanato dall’attività sportiva, sottoposto ad un esame obiettivo neurologico subito ed a intervalli di 5 minuti e potrebbe riprendere l’attività sportiva anche nello stesso giorno solo se i sintomi si risolvono entro 15 minuti. Il verificarsi nello stesso giorno di un secondo episodio traumatico di grado 1 deve indurre ad allontanare l’atleta dall’attività agonistica per un periodo di asintomaticità di almeno una settimana.
Grado 2 (10.6%) Definizione:
confusione transitoria, senza perdita di coscienza, con durata superiore a 15 minuti. Gestione: L’atleta deve essere allontanato dall’attività sportiva e sottoposto a ripetute valutazioni per monitorare l’eventuale evoluzione del quadro sintomatologico, con ulteriori approfondimenti diagnostici se i sintomi peggiorano o persistono per oltre una settimana. Il ritorno all’attività agonistica può avvenire dopo un periodo di completa asintomaticità non inferiore ad una settimana. Il verificarsi di un episodio di grado 2 successivamente ad un episodio di grado 1 nella stessa giornata deve indurre ad allontanare l’atleta dall’attività agonistica per almeno due settimane di asintomaticità.
Grado 3 (0.4%) Definizione:
perdita di coscienza, sia essa breve (pochi secondi) o di durata prolungata (minuti o più estesa). Gestione: L’atleta asintomatico deve essere tenuto al di fuori dell’attività agonistica per una settimana se la perdita di coscienza è stata breve, per due settimane se la durata del periodo di incoscienza è stata più lunga. Ovviamente la perdita di coscienza prolungata o la presenza, all’atto del primo esame clinico, di segni neurologici, comportano l’immediato ricovero in ambiente ospedaliero per i provvedimenti diagnostici e terapeutici del caso.
Ogni atleta che vada incontro ad un episodio di grado 3 deve essere allontanato dall’attività agonistica finché non trascorra un periodo di asintomaticità di almeno un mese.
Nel caso di atleti in cui gli accertamenti neuroradiologici eventualmente eseguiti documentino alterazioni delle strutture encefaliche quali brain swelling, contusioni od altro, dovrebbe essere consigliata l’interruzione dell’attività sportiva per tutta la stagione e, nel caso di partecipazione a sport dove sia presente anche un minimo contatto fisico, deve essere presa in esame l’eventualità di scoraggiare l’atleta dal proseguire la sua partecipazione a tali sport.
La presenza dei sintomi propri di concussione ed, in particolare, in caso di perdita di coscienza di varia durata, eventualmente anche associata a cefalea, nausea, vomito, dovranno inoltre, e comunque, indurre all’esecuzione di una TAC cranio di controllo.
Merita di essere sottolineato che l’esame TAC non viene proposto, ovviamente, come metodica di valutazione di routine nello screening prognostico dello sportivo traumatizzato cranico. Infatti, la comparsa di sindromi da secondo impatto nel trauma cranico asintomatico e neurologicamente indenne è sostanzialmente impossibile, ed una simile evenienza, quando si verifica, sembra imputabile piuttosto ad una carente o superficiale valutazione clinica del caso, quando non alla tendenza, da parte dell’atleta che desideri tornare rapidamente all’attività sportiva, alla sottovalutazione o addirittura al misconoscimento dei sintomi presenti.
Peraltro, su 1000 pazienti con esame obiettivo neurologico negativo sottoposti a TAC, il 13% presenta alterazioni.
Traumi cerebrali lievi o moderati, ricorrenti, che si verifichino in un periodo di tempo lungo (mesi o anni), possono risultare in deficit cumulativi neurologici e cognitivi: tale fenomeno è denominato “punch drunk sindrome”.
La gestione del trauma cranico nello sportivo dovrà quindi prevedere una valutazione clinica attenta da demandare a personale medico preparato; gli sportivi spesso tendono a minimizzare il danno per tornare a giocare più rapidamente possibile; invece andrebbero sensibilizzati sulla necessità di considerare nel giusto peso la sintomatologia soggettiva eventualmente presente, per facilitare il raggiungimento della diagnosi corretta.
Sono stati approntati dei test neurocognitivi per la valutazione del quadro neurologico post-concussionale:
1. Reaction time: bisogna riconoscere un oggetto quando appare sullo schermo.
2. Cued reaction time: bisogna riconoscere un oggetto quando appare subito dopo una sua porzione
3. Visual recognition 1-2: bisogna riconoscere un oggetto appena apparso in mezzo ad altri in precedenza
4. Animal decoding: bisogna digitare dei numeri correlati a determinati animali, quando compaiono sullo schermo
5. Symbol scanning: bisogna stabilire se sono presenti determinati set di simboli, in mezzo ad altri non correlati.
1 e 2 consentono di valutare il cosiddetto indice di “velocità di reazione semplice”, single reaction time;
3 consente di calcolare il valore dell’indice di “velocità di reazione complessa”, complex reaction time;
4 e 5 consentono di valutare la “velocità di elaborazione” dei dati, processing speed.
In conclusione, i traumi cranici di grado 1 che si risolvono in pochi minuti e senza perdita di coscienza, possono essere solo osservati e non richiedono ricovero ed accertamenti diagnostici; i traumi cranici di grado 2 e 3, soprattutto se l’atleta deve riprendere l’attività agonistica nel giro di pochi giorni (1 o 2 settimane), devono essere indagati con la TAC encefalo e con i test neurocognitivi. Compito del medico sportivo rimane sempre quello di consigliare l’utilizzo di protezioni per il capo, anche in quegli sport apparentemente esenti da particolari rischi, dove non sono ancora obbligatorie, poiché possono rivelarsi estremamente utili in caso di caduta.
Primo soccorso: Consigli ed informazioni
Per prima cosa, quando l'infortunato ha battuto il cranio, è necessario compiere un'indagine sull'accaduto per vedere se il paziente presenta amnesie, difficoltà nel parlare (afasia) o confusione mentale.
Controllare sempre se c'è asimmetria pupillare (una pupilla dilatata,l'altra ristretta), segno evidente di un danno al cervello.
Evitare sempre che il paziente si addormenti, nonostante possa presentare una forte sonnolenza, in queste circostanze, infatti, il sonno può degenerare in coma.
In attesa di una visita medica (da eseguire il prima possibile) è consigliabile apporre sulla parte traumatizzata una borsa di ghiaccio, per indurre una vasocostrizione.
In caso di emorragie da orecchio o naso, è bene porre l'infortunato in posizione di sicurezza per far defluire il sangue che non deve rimanere all'interno.
ATTENZIONE: fare attenzione in questo caso che l'infortunato non presenti fratture o lesioni alla colonna vertebrale, davanti a questo sospetto la posizione di sicurezza potrebbe nuocere.
In caso di fratture esposte e di fuoriuscita di materiale cerebrale è necessario coprire la parte con un telo sterile, il rischio di infezioni è elevato.
Se il paziente non è cosciente, in attesa dei soccorsi, controllare costantemente la presenza delle funzioni vitali.
Gravità:
Un trauma cranico, anche se appare lieve, richiede sempre accertamenti e controlli in ospedale. Anche quando l'infortunato appare normale è bene condurlo al pronto soccorso, le complicazioni possono a volte sorgere anche dopo alcune ore e persino giorni.
Se il trauma è forte e il paziente ha perso coscienza, presenta amnesie, afasia o confusione mentale, è bene chiamare i soccorsi immediatamente.
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